lunedì 9 febbraio 2015

Whiplash [Film]

Ed è il turno del secondo film candidato come Best Picture.
Whiplash. Devo ammettere che non sapevo neanche io cosa aspettarmi da questa pellicola e mi ha praticamente stravolta.
Ma parliamone con calma.


                    




Come ho già accennato, non sapevo cosa aspettarmi da questo film.
In tutta franchezza non ne avevo sentito parlare prima dell'Awards Season (sì, mi batto il petto), avevo letto pareri super positivi un po' ovunque. E io pensavo, e che sarà mai?

E invece, mi ha sorpreso tantissimo. Mi è piaciuto tantissimo.

Ecco, quando con La Teoria del Tutto dicevo che non ero convinta al 100%, più che altro sulla nomination tra i migliori film, dopo la visione di questo, il quadro di fa più chiaro.
La storia che viene raccontata non è di quelle più straordinarie, probabilmente, cose come queste, negli Stati Uniti accadono non dico tutti i giorni, ma quasi.
Eppure regia, montaggio, sceneggiatura, fotografia sono costruite e intrecciate tra di loro in maniera così magistrale che ti tiene sul filo per (quasi) tutto il tempo del film.

Il film parla di musica ed è costruito come un brano musicale. Ha ritmo, ha momenti di piano e momenti di forte. Non ci capisco un accidenti di musica, sia ben chiaro, ma le sensazioni che mi ha dato la visione di questo film sono state esattamente quelle.
Sicuramente ci sarebbe stato da divertirsi ad analizzarlo al corso di Musica per Film all'università.

Anche se, credo, una storia come questa, noi italiani non riusciremo a capirla mai fino in fondo. Ma non perché siamo stupidi o per che cosa, semplicemente per forma mentis.
Abbiamo una concezione del raggiungimento degli obiettivi un filino diversa.
Gli americani mangiano pane e competitività ogni giorno, la mamma mescola la competitività al latte in polvere e ce la mette nel biberon. Non hanno il senso del limite.
E' chiaro e lampante come per loro non sia mai sufficiente quello che fanno e che danno. E il proprio goal viene prima di tutto. Prima della famiglia, prima dell'amore, addirittura prima di se stessi.
Mettiamo da parte la mentalità del furbetto, di quello che ti vuole sempre fregare, di quello che ti vuole passare davanti solo perché è figlio di oppure perché conosce tal dei tali, mettiamo da parte tutte le astuzie da italiano medio. Facciamo finta che siamo tutti onesti, chi di noi, pur volendo quella determinata cosa, si presenterebbe sanguinante sul posto? (Non vado più nello specifico per non spoilerare, ma chi ha visto il film credo abbia capito a che scena mi riferisco)
Io un po' l'ho guardata con orrore, va bene tutto. Va benissimo voler qualcosa o diventare qualcuno con tutta l'anima, ma ridursi a quello, è giusto? Non bisogna porsi un limite? Siamo noi troppo mollaccioni?
Sono d'accordo con Fletcher quando dice che "good job" sono due parole micidiali e distruttive. Ma un po' di amor proprio, ogni tanto? O forse un complimento una volta su mille può giovare allo spirito, piuttosto che continui e incessanti insulti e tentativi di spronare fin oltre.

Ma chiudiamo qui il discorso, altrimenti ci sarebbe da sproloquiare per l'eternità e farlo da sola mi risulterebbe un po' ridicolo.

Splendido e terrificante J.K. Simmons nei panni di Terrence Fletcher, ogni volta che apriva la bocca me la facevo sotto, anche perché ha anche la prestanza fisica per incenerirti solo guardandoti.

Bisogna essere obiettivi. Io Miles Teller (qui nei panni del protagonista, Andrew Neiman) non lo posso vedere, non lo so, mi fa antipatia a pelle ed ero terrorizzata a dovermi sciroppare un intero film con lui protagonista, però non gli si può proprio dire nulla, è stato bravissimo, ogni tanto la bocca poteva anche chiuderla quando era necessario, ma vabbè, è ggggiovane, ha un sacco di strada davanti e c'è sempre da migliorare.

Altro da dire? Fatemi sapere voi cosa ne pensate. Io ho in mente che ho da fare altri due post fashion e probabilmente mi sarò scordata qualche riflessione per strada.
Al prossimo film!


0 commenti:

Posta un commento